The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom – Recensione

da | 02/06/23 16:00

Il tanto atteso seguito diretto di Breath of the Wild è finalmente atterrato, questo è proprio il caso di dirlo, su Nintendo Switch.

Si, lo sappiamo, ha poco senso fare uscire una recensione di un gioco importante e decisivo come questo ben tre settimane dopo il suo day-one mondiale. E’ come decidere di proiettare il nuovo film di Tarantino due mesi dopo la sua uscita nelle sale. Comunque, noi che siamo dei romantici vecchia scuola e portiamo avanti da ormai 11 anni questa cosa solo ed esclusivamente per amore, vogliamo ugualmente farvi conoscere il nostro piccolo pensiero su quello che è, indiscutibilmente, il gioco dell’anno.

Diversi anni dopo la vittoria di Link e Zelda sulla calamità Ganon il Regno di Hyrule è finalmente in pace. I due eroi della saga, esplorando le profondità di una caverna, fanno una scoperta incredibile: in passato il popolo degli Hylia si alleò con gli Zonai (una razza preistorica ma avanzata tecnologicamente il cui nome viene soltanto accennato un paio di volte in Breath of the Wild) contro quello che viene definito semplicemente il Re dei demoni. Poco dopo, i due si imbattono in uno scheletro dalla criniera rossa più vivo che morto ma bloccato a terra da un misterioso braccio che gli spinge il petto. Qui ha inizio un nuovo cataclisma in cui la Principessa Zelda sparisce, il Castello di Hyrule esplode verso il cielo e le tante popolazioni del Regno sono devastate da disastri naturali, così come lo stesso Regno di Hyrule.

E Link? Beh, il nostro eroe è nuovamente spoglio di tutte le sue abilità (strano direte) ma acquisisce però un impianto sul braccio destro che gli sarà molto utile da lì a poco tempo. Dopo aver ripreso i sensi, finalmente, avremo il pieno controllo di Link. Ci troviamo su un’isola dove il sole è quasi accecante e la nebbia ci limita di vedere e di comprendere bene il territorio. Le prime sensazioni sono abbastanza nostalgiche, siamo tornati (noi giocatori) dopo tantissimo tempo in un posto incredibile che ha il merito di averci fatto sognare. Ma sentiamo che c’è qualcosa di diverso. L’isola su cui abbiamo appena fatto i primi passi è incredibilmente sospesa nel cielo! Subito dopo ci viene chiesto di buttarci letteralmente di sotto e Link, con una scena che è già diventata iconica, ci da il benvenuto in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom!

Questo nuovo capitolo della saga Nintendo non è sorprendente come lo fu Breath of the Wild (attenzione: con questo non stiamo dicendo che TotK è un gioco da quattro soldi, vi ricordiamo che BotW introdusse una marea di novità nella serie a partire dal mondo aperto) ma perfeziona e amplia (se non addirittura le migliora) alcune caratteristiche introdotte dal primo gioco. La prima di queste è l’esplorazione su più livelli ovvero, oltre ad esplorare una Hyrule completamente cambiata (cambiamenti dovuti allo scorrere del tempo e al nuovo cataclisma), Link potrà esplorare anche il cielo (la cui mappa è rappresentata dalle isole fluttuanti) e il sottosuolo del Regno (grande quasi quanto Hyrule stessa). I santuari sono onnipresenti, utili sia per recuperare i cuori persi che per attivare dei punti teletrasporto sulla mappa, così come le torri. Queste ultime, situate una in ogni regione di Hyrule, sono state cambiate rispetto a quelle viste nel primo gioco: ora non dovrete più scalarle per attivarle. Infatti, queste torri sono una specie di giganti cannoni che spareranno il nostro Link in cielo: qui potrà scannerizzare l’intera regione (rivelando la mappa del cielo e quella della terra) con la sua Nintendo Switch: Sheikah Edition (parliamo ovviamente della Tavoletta Sheikah introdotta in BotW) e magari esplorare una parte del grandissimo arcipelago delle isole fluttuanti!

The Legend of Zelda: Breath of the Wild creò quasi involontariamente (abbiamo detto quasi) una grande community di giocatori che mostravano al mondo come la loro immaginazione li aveva aiutati a realizzare veri e propri mezzi o modi alternativi per, magari, passare da una parte all’altra della mappa. E’ qui che la Grande N ci ha visto lungo. Gli sviluppatori hanno migliorato le abilità che Link aveva nel primo gioco come, ad esempio, quella di prendere gli oggetti. Link ora, con la sua Ultramano, può sì prendere oggetti ma può anche combinarli con altri proprio per creare tutto quello che la vostra immaginazione ha da offrire. La cosa non finisce qui, potete anche combinare un oggetto con il vostro equipaggiamento per potenziare e creare interessanti alternative al già vastissimo armamentario che gli sviluppatori ci hanno messo a disposizione, come ad esempio combinare un fiore bomba con una freccia, una pietra con una spada o addirittura una torcia ad uno scudo per creare uno scudo lanciafiamme. Insomma, vi lasciamo immaginare il risultato.

Se con il primo gioco Nintendo ha deciso di cambiare completamente veste ad una delle sue serie più importanti (rischiando anche di distruggerla ma riuscendo ad innovarla), questo sequel è stato realizzato sulla solida base di quel gioco andando a toccare alcuni punti lasciati in sospeso o migliorare diverse caratteristiche cardine introdotte in Breath of the Wild.

Abbiamo giocato The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom su una Switch OLED quasi sempre in modalità dock su uno schermo in 4K. Con questa piccola premessa, già dal primo avvio, abbiamo notato un ulteriore miglioramento grafico del titolo in cui l’immagine risulta più pulita e più nitida del primo gioco (quasi come se avesse una risoluzione superiore ai 1080p). Per quanto riguarda la parte tecnica, Tears of the Kingdom prende l’illuminazione volumetrica e altri fattori (come la simulazione del vento) da Breath of the Wild ma, anche qui, li migliora ulteriormente. Anche la fluidità va a migliorare grazie anche agli ultimi due update che garantiscono i 30 FPS un po’ ovunque, tranne in alcune fasi in cui l’Ultramano è attiva o, ad esempio, nel villaggio Kakariko. Detto ciò, la risoluzione è dinamica (con picchi massimi in entrambe le modalità) e garantisce, appunto, una costante fluidità generale.

La via intrapresa da Nintendo con Breath of the Wild è stata, come dicevamo prima, sicuramente molto rischiosa ma secondo noi quasi obbligatoria. La Grande N ha introdotto nel migliore dei modi uno dei franchise più importanti della storia dei videogiochi (vi ricordiamo che il primo The Legend of Zelda ha ben 37 anni) in un mondo moderno dove l’utente medio (ahinoi) è sempre più abituato ad avere tutto e subito (sia nei videogiochi che nella vita). Quindi, la politica del ragionamento è accostata ad un gameplay “mangia-ore” in cui il giocatore è letteralmente attratto dalla voglia di scoperta. Ogni zona di Hyrule è comodamente raggiungibile così come ogni suo scorcio è incondizionatamente amato. Il Regno pullula di cultura giapponese, narra antiche leggende e rievoca la bellezza dei Sogni di Akira Kurosawa quando mentre splende il sole e piove le volpi celebrano il loro matrimonio.

La meraviglia iniziò con Breath of the Wild, si evolse con Tears of the Kingdom e continuerà in futuro fino a che lo spirito e l’etica del Giappone stesso lo permetterà.

The Legend of Zelda: Tears of Kingdom è disponibile in esclusiva su Nintendo Switch dal 12 maggio 2023 il versione fisica e digitale (16.2 GB di spazio disponibile su console o microSD) ad un prezzo di € 69.99. Il titolo è interamente localizzato in italiano (testi e doppiaggio audio nei video di intermezzo) e compatibile con il Cloud dei dati di salvataggio (recandovi in uno dei tanti stallaggi riceverete una gradita sorpresa se sarete in possesso dei vostri dati di salvataggio di BotW), Pro Controller, HD Rumble, giroscopio e amiibo.

Pro:

  • Gameplay
  • Stile artistico
  • Tutto il bello di BotW
  • Esplorazione del cielo
  • Tecnicamente miracoloso su Nintendo Switch

Contro:

  • Ancora qualche piccolo rallentamento
  • In alcuni casi troppo dispersivo

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